“Cautious Man” – Bruce Springsteen, 1987

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“Cautious Man” – Bruce Springsteen, 1987

I mercati azionari hanno mostrato segnali di tenuta nell’ultimo periodo, nonostante i dati macroeconomici disastrosi e il flusso di notizie contrastanti sul fronte della pandemia. Le banche centrali continuano a lottare contro l’impatto delle misure di contenimento sulla crescita, ma il sentiment degli investitori resta essenziale. Finché persisterà un supporto illimitato, i rischi di ribasso associati alla detenzione di asset rischiosi rimarranno contenuti. Tuttavia, la dispersione resta elevata sia fra le asset class che al loro interno, l’ampiezza del mercato è limitata e le ricadute dell’attuale tracollo economico devono ancora essere valutate. La prudenza e la selettività restano fondamentali per affrontare questi corrente incrociate, così come uno sguardo più approfondito sotto la superficie per valutare se l’attuale cambiamento del sentiment sarà duraturo o si rivelerà temporaneo e fragile.




Cautious Man

Bruce Springsteen, 1987





Quali sono le prospettive?

L’arrivo della recessione

Dopo alcune settimane in cui abbiamo atteso che il reale impatto della pandemia si manifestasse nei dati economici, ora non abbiamo più dubbi sul fatto che la recessione sia ormai arrivata, e che sia consolidata ed estesa. In base all’indice di diffusione relativo al nostro Nowcaster proprietario sulla crescita, il 68% delle oltre 700 serie di dati che lo compongono è in deterioramento, e il livello stesso dell’indice segnala livelli di attività comparabili con quelli raggiunti durante le recessioni del 1990 e del 2001, con una forte probabilità che possano scendere ai livelli del 2008. Le indagini economiche e gli indicatori anticipatori sono già scesi a questi livelli, se non oltre: l’indice IFO delle aspettative delle imprese tedesche è inferiore di 10 punti ai livelli del 2008, mentre negli Stati Uniti gli indici della Fed di Philadelphia ed Empire State sulle condizioni delle imprese sono crollati a minimi senza precedenti, rispettivamente -80 e -57, a fronte di -40 durante la crisi finanziaria del 2008. Negli Stati Uniti, la disoccupazione è aumentata di 26 milioni di unità nell’arco di un mese (circa il 10% della forza lavoro), e la natura dello shock rende difficile prevedere se nel prossimo futuro sarà possibile recuperare la maggior parte dei posti di lavoro persi. Tutti i segmenti dell’economia sono stati duramente colpiti, con un impatto particolarmente forte sugli investimenti, sui consumi e sulle aspettative. Gli economisti prevedono attualmente una contrazione del PIL del -3,4% negli Stati Uniti e del -5% in Europa per il 2020, in linea con le ricerche sulle pandemie che  indicano una contrazione del -3% negli Stati Uniti del -4% in Europa, in uno “scenario di base”.

La chiave per risolvere un’equazione economica estremamente complessa  consiste nel confrontare l’impatto negativo delle misure di contenimento con lo stimolo promesso dalle banche centrali e dai governi. Finora, la risposta è stata adeguata, massiccia, e sufficiente a superare lo shock (a priori), con un totale di 4.000 miliardi di Dollari promessi fra programmi di acquisto di asset e prestiti all’economia raggruppati in speciali pacchetti di misure. Tuttavia, il fattore più importante non è tanto l’estensione dei danni, quanto la durata della pandemia, che dipenderà principalmente dall’efficacia delle misure di contenimento e dal tempo che occorrerà per creare un vaccino.  Dopo essersi concentrato sull’impatto devastante del virus in termini di perdita di vite umane e di crescita economica, il sentiment degli investitori è diventato più positivo. Noi restiamo dell’avviso che l’impatto sarà più duraturo di quanto si preveda attualmente, ma gli operatori di mercato sono invece diventati eccessivamente ottimisti? L’attuale sentiment è quindi ancora fragile?

Il sentiment è davvero migliorato?

Alla luce del contesto macroeconomico desolante, il sentiment appare troppo ottimista, almeno in superficie. L’indice MSCI All Country World ha ceduto “solamente” il 15,9% da inizio anno, dopo avere messo a segno un solido guadagno del 6,9% ad aprile (al 24 aprile) e un rialzo del 23% rispetto ai minimi del 13 marzo. I dati relativi all’indice S&P 500 sono persino migliori, con una perdita dell’11,6% da inizio anno e un rialzo di quasi il 10% ad aprile. Ovviamente, gli importi senza precedenti che la Fed ha iniettato nei mercati finanziari per preservarne la liquidità e per proteggerli dai rischi sistematici sono il principale fattore dietro questa ripresa così rapida. Lo “spostamento dell’attenzione” dei mercati finanziari è stato fenomenale:  da “l’attuale tracollo economico è il peggiore dalla grande depressione del 1929” si è passati a “qualsiasi cosa succeda, le banche centrali e i governi salveranno la situazione”.

Tuttavia, sembra che questo punto di vista non sia condiviso da una molteplicità di operatori di mercato: gli investitori in titoli di Stato, in obbligazioni societarie, in materie prime o in azioni non inviano un messaggio univoco. La dispersione sta diventando estrema sia fra le diverse asset class che al loro interno, mentre l’ampiezza, che misura la percentuale di azioni che guadagnano terreno rispetto a quelle che lo cedono, ha raggiunto livelli allarmanti. L’orientamento degli investitori obbligazionari, guidati principalmente dagli sviluppi economici a livello di crescita, inflazione e supporto quantitativo, riflette uno shock profondo e prolungato. I rendimenti dei titoli di Stato globali sono solo a 9 bps dai recenti minimi storici dello 0,50%, nonostante la massiccia offerta creata dalle migliaia di miliardi di Dollari di supporto fiscale all’economia reale.  Il rendimento dei Treasury statunitensi a 10 anni si mantiene entro un range ristretto (0,75% – 0,55%) dalla fine di marzo. Le curve dei rendimenti restano piuttosto piatte, con i segmenti da 2 a 10 anni delle curve statunitensi, tedesche e britanniche rispettivamente a 37 bps, 23 bps e 22 bps, un segnale che la crescita futura e l’inflazione in particolare non recupereranno in tempi brevi.

Inizialmente, gli spread di credito hanno evidenziato un momentum particolarmente positivo sulla scia di un aumento della propensione al rischio e dell’inclusione dei titoli con rating sub-investment grade nei programmi di acquisto di obbligazioni societarie della Fed e della BCE. Tuttavia, gli spread hanno ripreso ad ampliarsi e a disconnettersi dalle azioni. Negli Stati Uniti, i rendimenti corretti per il rischio derivanti dagli spread sui titoli high yield rispetto all’S&P 500 hanno registrato un livello di sottoperformance non più visto dalla crisi finanziaria del 2008 su base settimanale. L’affidabilità creditizia si è fortemente deteriorata, e si prevede un sostanziale aumento dei default fino a livelli a due cifre nel corso dei prossimi dodici mesi. Nell’universo delle materie prime, la dispersione fra i metalli preziosi e l’energia (legata alla crescita) è impressionante. L’oro ha guadagnato il 17% da inizio anno, mentre il primo contratto future sul WTI ha subito un crollo del 77%, scendendo in territorio negativo per la prima volta nella storia, a causa del crollo della domanda e della scarsità di spazio di stoccaggio per il petrolio estratto. I contratti con scadenza più lunga indicano attualmente che l’offerta e la domanda potrebbero raggiungere un certo equilibrio nel corso dell’anno, con lo spread  fra i contratti a 12 mesi e quelli a 1 mese in una situazione di contango a USD 14, un livello non più raggiunto dal dicembre del 2008.

Infine, per quanto riguarda i mercati azionari, la ripresa è stata alimentata da un numero limitato di settori, in particolare dalla tecnologia, dalle mega cap e dai settori difensivi come il sanitario. I titoli dell’energia e dei beni voluttuari inclusi nell’indice S&P 500 si attestano mediamente su livelli inferiori del 50% ai massimi delle ultime 52 settimane, mentre il ribasso dei titoli dell’informatica, dei beni di prima necessità e del settore sanitario è di solo il 10%. L’ampiezza, misurata dalla differenza percentuale tra l’indice e la distanza mediana delle azioni rispetto ai massimi, è estrema, il che indica che solo un numero molto concentrato di titoli sta registrando guadagni significativi. Questa misura ha rappresentato storicamente un indicatore anticipatore di forti ribassi, e mette in dubbio la forza del “rally” in atto. Di conseguenza, la quota rappresentata dalle cinque maggiori società dell’indice S&P 500 ha raggiunto uno straordinario 20%, il massimo di sempre. Gli investitori hanno preferito la qualità, le blue chip, i titoli difensivi e le società tecnologiche altamente redditizie a scapito delle azioni cicliche, a bassa capitalizzazione e value. Quindi, nonostante gli interrogativi sulla forza del sentiment, per il momento gli investitori non si sono fatti attrarre dal valore (o trappole di valore?). Al momento, gli analisti prevedono una contrazione degli utili del 20% per il 2020, in linea con i livelli di crescita negativa attesi per quest’anno. Tuttavia, le previsioni incorporano anche una ripresa significativa nel 2021, implicando che le misure di contenimento non saranno prolungate né rinnovate. Secondo i nostri calcoli, gli attuali livelli di mercato scontano una crescita degli utili dello 0% per quest’anno, e restiamo dell’avviso che, di fatto, le valutazioni azionarie appaiano ancora elevate.

Infine, l’attuale posizionamento sugli asset orientati alla crescita appare contenuto: il sostanziale deleveraging osservato negli ultimi mesi ha mediamente dimezzato le posizioni azionarie nei fondi molti asset, il cui beta rispetto ai mercati azionari è sceso da quasi 0,4 a livelli inferiori a 0,2. Le strategie sistematiche a leva sono state costrette a fare altrettanto, poiché la volatilità ha registrato un forte aumento ed è rimasta elevata. Una stabilizzazione del sentiment nei confronti degli asset rischiosi condurrà a un “atterraggio morbido” della volatilità, spingendo meccanicamente queste strategie a rafforzare le loro esposizioni. È un elemento importante da tenere a mente, poiché potrebbe anche imprimere una spinta all’attuale rally.

Ridurre la leva e mantenere un approccio selettivo

Le forze contrastanti sopra descritte ci inducono a mantenere un approccio prudente in termini di asset allocation. L’incertezza resta elevata, così come la volatilità e le misure generali di rischio, che mantengono sistematicamente attivi i nostri meccanismi di riduzione del rischio. A livello di asset allocation dinamica, preferiamo le obbligazioni investment grade e i metalli preziosi a scapito del credito high yield ed emergente, nonché delle commodity cicliche. In effetti, gli acquisti di obbligazioni societarie di qualità sul mercato secondario da parte delle banche centrali aiuteranno a sostenere l’asset class, che beneficerà anche della ricerca di rendimento da parte degli investitori, mentre gli spread sulle emissioni con rating speculativo non appaiono correttamente allineati con le previsioni sui futuri default. Considerando la possibilità di una continua spinta rialzista sui mercati azionari, cerchiamo di ottenere esposizione tramite strutture su opzioni convesse che aiutino a rafforzare dinamicamente la partecipazione ai rialzi, qualora il sentiment continui a migliorare.

Comportamento Della Strategia

In un contesto in cui la diffusione del virus COVID-19 mostra segnali di rallentamento e la Fed è chiaramente determinata a sostenere la maggior parte degli asset rischiosi, il sentiment di mercato ha registrato un miglioramento. Manteniamo un orientamento neutrale per quanto riguarda la nostra asset allocation dinamica, continuando a sovrappesare le obbligazioni investment grade e i metalli preziosi.

Nowcaster Unigestion

Nowcaster Crescita mondiale

Nowcaster Crescita mondiale

Nowcaster Stress dei mercati

Nowcaster Stress dei mercati

Nowcaster Inflazione mondiale

Nowcaster Inflazione mondiale

Variazione settimanale

  • La scorsa settimana il nostro Nowcaster sulla crescita mondiale ha registrato un’ulteriore flessione, principalmente negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito. Il nostro indicatore mondiale ha raggiunto un valore di -1,21 deviazioni standard, che indica un rischio di recessione particolarmente elevato.
  • Anche il nostro Nowcaster sull’inflazione mondiale è diminuito, principalmente in Canada, negli Stati Uniti e in Svizzera. Tale flessione riflette gli sviluppi sul fronte della crescita.
  • Il nostro Nowcaster sullo stress dei mercati è rimasto stabile la scorsa settimana, poiché tutte e tre le componenti (liquidità, volatilità e spread) hanno mostrato un’analoga stabilità.

Fonti: Unigestion, Bloomberg, al 24 aprile 2020.

 


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