“Confidence Trick” – Culture Club, 1999

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“Confidence Trick” – Culture Club, 1999

Nonostante l’acuirsi dei rischi geopolitici (Brexit, guerre commerciali, Hong Kong, Iran, America Latina), la volatilità non ha registrato un aumento sostenuto neppure nel 2019. Questi rischi ampiamente segnalati non sembrano più spaventare il mercato: gli investitori si stanno gradualmente abituando alla loro costante presenza e reagiscono ad essi in modo meno emotivo. Crediamo che un rischio molto più grande sia legato alle banche centrali e al carry trade esplicito (vendere direttamente opzioni) ed implicito (replicare l’esposizione di un portafoglio corto su opzioni), a cui le loro mosse hanno ridato impulso. Le banche centrali sono state e restano il principale motore della volatilità degli asset. Per alcuni anni abbiamo beneficiato di un’ “opzione put gratuita” delle banche centrali, e c’è il rischio di un eccessivo compiacimento degli investitori. Le banche centrali salveranno i mercati finanziari ancora una volta… o l’opzione gratuita sta perdendo convessità?

Quali sono le prospettive?

Il trading sulla volatilità fornisce esposizione all’insicurezza umana per un futuro che ci è ignoto. Una posizione short sulla volatilità esprime fiducia nel contesto di mercato corrente, mentre una posizione long sulla volatilità è un modo per esprimere il timore di un futuro cambiamento. Dal discorso del “Whatever it takes” tenuto da Mario Draghi nel mese di luglio 2012, il livello medio annuale del VIX si è mantenuto tra 11,1 e 17,9, a fronte di una media annuale di 19,3 dal 1990, anno di inizio delle rilevazioni. Questi dati riflettono chiaramente la convinzione degli investitori che le banche centrali sono in grado di difendere lo status quo. Tuttavia, esaminando la volatilità della volatilità, che rappresenta l’incertezza legata al passaggio dallo status quo a un periodo di cambiamento, emerge un quadro molto diverso. La volatilità del VIX è aumentata costantemente dal 2012, con picchi ad agosto 2015 e a febbraio 2018 più elevati dei livelli registrati durante la crisi finanziaria del 2008.

Gli investitori hanno abbassato la guardia?

Le strategie di copertura hanno perso il favore degli investitori, ma non crediamo ancora che questi ultimi soffrano di una reale “stanchezza da copertura”. Sebbene le posizioni lunghe sulla volatilità siano penalizzate da molto tempo, l’inclinazione della struttura per scadenze della volatilità (breve termine contro lungo termine), lo skew elevato (strike al ribasso contro strike al rialzo) e la volatilità della volatilità (VVIX) costosa nell’universo azionario indicano che i trader sulla volatilità non hanno ancora abbassato la guardia. Di recente, i trade lunghi sulla volatilità hanno dovuto affrontare due sfide. Innanzitutto, le fasi di volatilità elevata sono state particolarmente infrequenti dalla crisi finanziaria del 2008. In secondo luogo, i picchi di volatilità sono durati molto poco. Dal luglio 2012, il prezzo del future sul VIX ha superato i 30 punti un solo giorno, e i 25 punti solamente 22 giorni. La mentalità “buy-the-dip” e, di conseguenza, il rapido ritorno verso la media della volatilità hanno fortemente penalizzato le coperture di portafoglio. Gli investitori sembrano avere compreso che, se non si monetizzano immediatamente le coperture, la finestra di opportunità si chiude. Questo comportamento ha accelerato ancora di più questi fenomeni. Per passare a un contesto di maggiore volatilità, occorre che un forte “fattore paura” sostituisca il “fattore avidità”.

La fame di rendimento conduce al “crowding” e accresce la fragilità del mercato

Il principale motore dell’avidità è la fame di rendimento, unita alla bassa volatilità dei mercati finanziari e dei dati macroeconomici. Vendere volatilità non è altro che una forma alternativa di rendimento, e la bassa volatilità realizzata rende questo “rendimento” molto interessante. Crea l’illusione che i mercati siano più sicuri di quanto non siano in realtà e innesca un pericoloso meccanismo di retroazione. Un minore livello di volatilità conduce ad un ulteriore calo della volatilità, premiando le strategie che scommettono sistematicamente sulla stabilità del mercato in modo da poter scommettere ancora di più su tale stabilità (risk parity, controllo del Var, CTA, ETN sul VIX, ecc.). Prima del “Volmageddon” del febbraio 2018, l’S&P 500 ha registrato il periodo più lungo della storia (405 giornate di borsa) senza ribassi pari o superiori al 5%. Più tale periodo si prolungava, più si rafforzava l’ottimismo degli investitori e più le posizioni diventavano affollate. L’opinione di consenso secondo cui le banche centrali hanno sconfitto la volatilità era errata. Sono riuscite a contenere la volatilità per qualche tempo ma, così facendo, hanno fatto aumentare il rischio di eventi estremi e la probabilità di una futura fragilità dei mercati.

La liquidità traina i mercati

Nel 2018 si è verificato un secondo picco di volatilità nel momento in cui i mercati hanno cominciato a risentire degli effetti della normalizzazione della politica monetaria della Fed. Inizialmente Powell si era rifiutato di proteggere i mercati, ma l’impatto del rialzo dei tassi di interesse, unito alla crescente tensione dei mercati nel quarto trimestre, è stato eccessivo ed ha infine indotto la banca centrale statunitense ad invertire la rotta nel mese di gennaio. Il ritorno delle banche centrali a un orientamento monetario accomodante ha favorito una contrazione degli spread di credito e un rally dei mercati azionari, nonostante i tagli quasi settimanali delle stime degli utili societari da parte degli analisti. Questa anomalia presenta molte somiglianze con il periodo dal 2012 al 2016, prima dell’implementazione del Quantitative Easing.

A differenza dei titoli azionari, i segmenti dei mercati del credito con rating più basso cominciano a mostrare segnali di tensione. Un segnale significativo è il differenziale di performance all’interno del mercato del credito high yield, dove i titoli più rischiosi hanno nettamente sottoperformato le emissioni di qualità più elevata, nonostante un anno particolarmente positivo per gli asset rischiosi. Capire il ciclo del credito e la sua interdipendenza con l’azione delle banche centrali è essenziale per definire la tempistica dei trade sulla volatilità, non soltanto perché è stato un indicatore anticipatore delle ultime due recessioni, quando gli spread sull’high yield hanno cominciato ad ampliarsi mentre gli indici azionari continuavano a segnare nuovi massimi, ma anche perché il ciclo del credito guida i cambiamenti del regime di volatilità. In un contesto caratterizzato dalla facilità di accesso al credito e da bassi tassi di interesse, la volatilità rimane contenuta, ma nel momento in cui il credito si contrae, la volatilità aumenta.


I discorsi delle banche centrali continueranno ad avere effetti distorsivi sui mercati finanziari

Sebbene la volatilità degli asset appaia molto contenuta, quest’anno la volatilità dei tassi, delle azioni e delle commodity (ma non quella dei tassi di cambio) è aumentata rispetto al 2018, nonostante i 68 tagli dei tassi operati dalle banche centrali a livello globale. Non pensiamo che ciò provi che la capacità delle banche centrali di controllare il rischio si sta esaurendo (per il momento). Finché gli investitori crederanno allo scenario dell’“opzione put delle banche centrali”, quest’ultimo si autoalimenterà. Anche se non consideriamo l’ultimo programma di acquisti di asset della Fed come un Quantitative Easing 4, esso è parte integrante della promozione di condizioni finanziarie più favorevoli ed indebolisce la disponibilità delle banche centrali a fare “tutto il possibile”. Pertanto, siamo convinti che la combinazione tra politiche monetarie accomodanti, valutazioni elevate delle asset class tradizionali e fame di rendimento crei un ottimo contesto per beneficiare del premio di volatilità. Il premio di volatilità è semplicemente la remunerazione che gli investitori ricevono in cambio di una protezione contro un’imprevista volatilità di mercato. Il divario tra volatilità implicita e realizzata si è deteriorato

parallelamente agli altri indicatori di rendimento, ma continua ad offrire un rendimento discreto e sostenibile, trainato unicamente dall’avversione al rischio e dalla tendenza degli investitori a sovrastimare la probabilità di perdite significative. Tre elementi sono cruciali per il successo di un carry trade sulla volatilità. Innanzitutto, occorre essere consapevoli della fragilità dei mercati e dei rischi di eventi estremi associati ad essi (implementazione). In secondo luogo, si deve misurare e comprendere il posizionamento nell’ambito delle strategie corte sulla volatilità implicita ed esplicita (“crowding”). Infine, occorre valutare il rischio di un cambio di rotta delle banche centrali e la stabilità del mercato del credito (fiducia).

Gli investitori hanno ancora fede nei discorsi delle banche centrali, e quindi il carry trade sulla volatilità continuerà a creare valore all’interno dei portafogli, come flusso di rendimento non correlato, stabile e redditizio.

Comportamento Della Strategia

Le nostre previsioni a medio termine sono attualmente positive: continuiamo a sovrappesare gli asset di crescita a fronte di un sottopeso della duration e dei metalli preziosi. Stiamo usando strategie basate su opzioni e valute per proteggerci da un deterioramento delle condizioni di mercato.

Nowcaster Unigestion


Nowcaster Crescita mondiale

Nowcaster Crescita mondiale

Nowcaster Inflazione mondiale

Nowcaster Inflazione mondiale

Nowcaster Stress dei mercati

Nowcaster Stress dei mercati

Variazione settimanale

  • Il nostro Nowcaster sulla crescita mondiale ha registrato una flessione la scorsa settimana. Il 45% dei dati è in miglioramento, con un 43% nei mercati sviluppati. La stabilizzazione della crescita appare ancora probabile, ma questi dati rappresentano un nuovo segnale negativo.
  • Il nostro Nowcaster sull’inflazione mondiale si è stabilizzato la scorsa settimana, e il rischio di inflazione rimane estremamente contenuto.
  • Lo stress dei mercati è rimasto stabile la scorsa settimana: i rischi di tensione dei mercati sono contenuti.

Fonti: Unigestion. Bloomberg, al 9 dicembre 2019




Confidence Trick

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