“Paint It, Black” – The Rolling Stones, 1966

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“Paint It, Black” – The Rolling Stones, 1966

Il mese di marzo di quest’anno passerà alla storia economica allo stesso modo del settembre del 2008 o dell’ottobre del 1987. Sembrerà un mese in cui ogni giorno è apparso durare un anno. In una situazione in cui tutto è amplificato ed accelerato, è essenziale fare un passo indietro e separare ciò che sappiamo e riconosciamo da ciò che non sappiamo e che scopriamo con il succedersi degli eventi. Questo duplice approccio ci consente di definire uno scenario centrale e di individuare i cosiddetti “tail risk”. Cosa sappiamo oggi? In questa fase della pandemia, sappiamo che lo shock macroeconomico sarà uno dei più violenti della storia moderna, e che gli asset finanziari dovranno subire degli aggiustamenti. Tuttavia, non conosciamo la durata o l’entità dello shock, né quanto dovrebbero essere ampi questi aggiustamenti.




Paint It, Black

The Rolling Stones, 1966





Quali sono le prospettive?

Marzo è stato il mese della “corsa alla liquidità”

Come nel caso di qualsiasi shock economico, a marzo i mercati hanno registrato una correzione significativa. I mercati azionari sviluppati (MSCI World) hanno ceduto il 13% nel corso del mese, mentre quelli emergenti hanno accusato una perdita del 15,6% (MSCI EM). Questi ribassi, sostanziali su base mensile, si aggiungono alle performance già negative di febbraio (fra il -8% e il -12% in funzione del paese), dando luogo a uno dei peggiori trimestri di sempre per i mercati azionari. L’indice MSCI World si è infatti deprezzato del 21% nei primi tre mesi dell’anno, registrando la terza peggiore performance trimestrale dopo quelle del quarto trimestre del 2008 (-22%) e del secondo trimestre del 1974 (-23%). Tuttavia, confrontando il mese di marzo 2020 con il precedente shock di analoga entità (ottobre 2008), emergono più differenze che analogie. La caratteristica che più differenzia questi due periodi è l’ampiezza della “corsa alla liquidità” osservata a marzo, che potrebbe anche essere definita come la “Grande crisi di liquidità”.

La combinazione tra bassa volatilità e bassi tassi di interesse ha indotto gli operatori finanziari a rafforzare la leva nei loro portafogli al fine di mantenere lo stesso livello di rendimento assoluto del passato, nonostante i minori rendimenti monetari. La scomposizione dei rendimenti dell’S&P 500 nel lungo termine illustra perfettamente l’uso dell’ingegneria finanziaria a partire dal 2010. Fra il 1970 e il 2010, le azioni statunitensi hanno generato mediamente un rendimento totale dell’8,9%, piuttosto simile all’11,5% registrato nel periodo dal 2010 al 2019. Tuttavia, nell’ultimo decennio l’extra rendimento rispetto alla liquidità è stato nettamente più elevato (10,9%) rispetto al periodo dal 1970 al 2010 (2,9%). Questo uso della leva finanziaria si è rivelato distruttivo nel momento in cui il prezzo degli asset sottostanti ha subito forti ribassi, poiché ha generato forti vendite finalizzate unicamente ad aumentare la liquidità nei portafogli. Ciò ha determinato a sua volta uno shock di correlazione, riducendo i vantaggi della diversificazione ed aumentando l’esigenza di liquidare, poiché nessun asset difensivo (oro, valute difensive) ha compensato le forti perdite subite dagli asset rischiosi.

Questo meccanismo di retroazione negativo ha raggiunto una velocità e dimensioni senza precedenti, causando movimenti anomali dei prezzi degli asset generalmente considerati come liquidi, aumentando il differenziale tra i prezzi denaro e lettera e prosciugando i volumi disponibili per un dato livello di prezzo. I mercati obbligazionari hanno subito un duro colpo, registrando forti deflussi nell’arco di un periodo di tempo molto breve. Come evidenzia uno studio della BRI (https://www.bis.org/publ/bisbull02.pdf), il mercato obbligazionario si è trovato al centro di questa infernale catena di eventi. Se nel mese di ottobre 2008 il Barclays Global Treasuries ha guadagnato lo 0,8%, a marzo 2020 questo stesso indice ha ceduto lo 0,1%. Lo stesso vale per le obbligazioni societarie IG, con una flessione del 6% dell’indice Barclays Global Corporate a marzo contro una perdita del 3,8% ad ottobre 2008.

Di fronte al rischio di una massiccia liquidazione di tutti gli asset da parte di tutti gli investitori, le banche centrali sono intervenute molto rapidamente, mettendo in campo risorse nettamente superiori a quelle impiegate nel 2008. Nell’arco di alcuni giorni, la Federal Reserve e la BCE hanno rafforzato la loro capacità di acquistare asset in termini sia di entità dei rispettivi bilanci sia di  ammissibilità, diventando così i principali fornitori di liquidità per i mercati dei titoli di Stato e delle obbligazioni societarie IG. Il bilancio della Fed è aumentato di oltre 1.500 miliardi di Dollari in due sole settimane, e rappresenta ora più del 25% del PIL statunitense. Queste misure hanno effettivamente ridotto il rischio di liquidità, dimostrando inoltre che le banche centrali sono pronte a fare tutto il necessario per evitare che alla crisi economica si aggiunga il rischio sistemico. La stabilizzazione di alcuni spread interbancari riflette una significativa riduzione di questo rischio, allo stesso modo del ritorno del nostro Nowcaster sullo stress dei mercati a livelli meno estremi di quelli osservati a metà mese. Avendo salvato i mercati finanziari con la cosiddetta “opzione put della Fed”, le banche centrali sono ora i mutuanti di ultima istanza per l’intera economia, applicando il principio dell’“elicottero monetario” elaborato da M. Friedman e B. Bernanke. Tuttavia, anche se il rischio di una generale “corsa alla liquidità” sembra essersi notevolmente ridimensionato grazie a questi poderosi interventi monetari, le ripercussioni a livello macroeconomico saranno profonde.

Cosa insegna la storia sugli shock macroeconomici

Le recessioni sono caratterizzate da due dimensioni: la loro globalità e la loro durata. Nella storia economica è accaduto raramente che uno shock paralizzasse l’economia globale ad una tale velocità ed ampiezza. Nel 2008 o nel 2011, alcune regioni o settori sono stati colpiti solo lievemente dalla crisi finanziaria ed immobiliare. L’attuale situazione è diversa, poiché la maggioranza dei settori ha registrato un crollo dal 50% al 90% dei livelli di attività. Storicamente, gli shock hanno colpito un settore (il petrolio nel 1974, la tecnologia nel 2001, la finanza e l’immobiliare nel 2007/2008), e si sono successivamente diffusi al resto dell’economia attraverso l’aumento della disoccupazione, causando un calo della domanda. Questa concatenazione di eventi richiede tempo e consente un graduale aggiustamento del resto dell’economia attraverso una riduzione degli investimenti e della capacità produttiva. Nel 2007/2008, il tasso di disoccupazione statunitense era già aumentato di due punti quando è scoppiata la crisi finanziaria. Il picco del 10% di disoccupazione è stato raggiunto ad ottobre 2009, più di due anni dopo il minimo del 4,4% osservato ad aprile 2007. Oggi la situazione è molto diversa, come illustra il forte aumento delle richieste di sussidi di disoccupazione settimanali, che hanno raggiunto i 10 milioni. Questo aumento, registrato in due sole settimane, rappresenta il 6% dei posti di lavoro statunitensi.

Storicamente, tutte le recessioni hanno determinato un aggiustamento al ribasso della redditività aziendale. In media, la crescita degli utili durante le recessioni si è attestata fra il -15% e il -25%, in funzione del periodo e delle regioni economiche. Le nostre analisi evidenziano un rapporto fra 5 (durante una fase di crescita stabile) e 7 (durante una recessione) tra la variazione del PIL e quella degli utili nel lungo periodo. Una contrazione dell’attività del 4% in Europa e del 3% negli Stati Uniti nel 2020, come indicano i nostri Nowcaster sulla crescita, dovrebbe condurre ad una significativa revisione della crescita degli utili dal -25% al -30% in Europa e di almeno il -20% negli Stati Uniti. Ad oggi, le previsioni degli analisti per il 2020 sono molto più moderate, con una contrazione attesa di solo l’8% in Europa e del 5% negli Stati Uniti.  Anche se la contrazione della cosiddetta crescita degli utili implicita, scontata nei prezzi, mostra livelli più alti di quelli considerati dagli analisti, l’ordine di grandezza è nettamente inferiore a quanto osservato in media durante una recessione.

Cosa scontano mercati

Una delle ragioni che potrebbe spiegare perché gli analisti e i mercati si aspettino una correzione più moderata è legata alla seconda dimensione che caratterizza una recessione: la sua durata. Gli economisti in generale, e le aspettative degli investitori scontate negli attuali prezzi dei mercati azionari ed obbligazionari high yield, prevedono una recessione di breve durata, attorno a due trimestri, con un rapido ritorno alla normalità (già nel quarto trimestre del 2020). Lo stimolo fiscale senza precedenti, pari a circa il 10% del PIL per la maggior parte dei paesi coinvolti, finalizzato a mitigare gli effetti negativi della pandemia, è un elemento importante che potrebbe sostenere l’idea di una ripresa a “V” o a “U”. Questa aspettativa di uno shock di breve durata spiega perché, rispetto alle precedenti contrazioni, l’aggiustamento al ribasso degli indici azionari e degli spread di credito resta nettamente più contenuto rispetto a quanto osservato in occasione di analoghi shock economici. Se la durata della contrazione sarà effettivamente così breve, si tratterà di un episodio unico nella storia economica. La storia dimostra che il “ritorno alla normalità” dopo una recessione richiede molto più tempo di due soli trimestri. Ad esempio, l’indice ISM non manifatturiero è rimasto sotto i 50 punti, la soglia che segnala una contrazione dell’attività, per oltre un anno, dalla fine del 2008 alla fine del 2009. Il PIL statunitense si è contratto per cinque trimestri fra il 2007 e il 2009, ritornando a un tasso vicino al potenziale solo nell’ultimo trimestre del 2009. Anche la recessione europea del 2011/2012 evidenzia quanto tempo possa richiedere il ritorno alla normalità. L’attività europea si è contratta per sei trimestri consecutivi prima di registrare un’inversione nel 2013.

Cosa pensiamo noi

A nostro avviso, puntare su una ripresa forte e rapida è una scommessa pericolosa, poiché sottovaluta due fattori chiave: 1) le “ricadute”, che sono esacerbate dalle crescenti interdipendenze fra le economie e i settori. Se il periodo minimo di lockdown è di sei settimane ma c’è uno scarto temporale di otto settimane fra i primi paesi che l’hanno imposto e l’ultimo paese colpito, ciò aumenta significativamente il periodo di inefficienza di un’economia mondiale basata sul commercio e sulla mobilità di merci e persone. 2) Le piccole imprese, la parte sommersa dell’iceberg, non sono rappresentate negli indici azionari o creditizi globali. Non disponendo dello stesso accesso al credito ed essendo meno diversificate delle grandi società, le piccole aziende sono più esposte alle misure di contenimento e al lockdown economico.

Crediamo quindi che sia prematuro prevedere una rapida uscita dalla crisi e un ritorno istantaneo dell’economia al suo potenziale. Inoltre, sia i nostri Nowcaster che i nostri indicatori Newscaster evidenziano un rischio elevato di recessione. Il Newscaster sulla crescita di Unigestion monitora le notizie sulla crescita economica pubblicate in tutto il mondo. Questo indicatore completa il nostro Nowcaster sulla crescita avvalendosi delle tecnologie più avanzate di analisi di dati alternativi. Se il nostro Nowcaster sulla crescita valuta i dati macroeconomici tradizionali, il Newscaster sulla crescita legge una grande quantità di articoli e riassume come il mondo valuti l’impatto di un particolare evento sull’economia più ampia. Storicamente, la durata del segnale recessivo fornito dal nostro indicatore è stata di otto mesi. Durante questi periodi, la performance azionaria media osservata a partire dal 1985 è stata negativa (in media -10%), mentre lo spread sulle obbligazioni high yield si è ampliato mediamente di 250 bps.

Crediamo quindi che gli asset rischiosi continueranno a registrare un aggiustamento al ribasso via via che il deterioramento della situazione si materializzerà nei dati macroeconomici e nelle comunicazioni sugli utili societari. Sebbene gli interventi delle banche centrali abbiano ridotto il rischio di una liquidazione globale, la gestione del rischio macroeconomico prosegue. I mercati sono stati trainati dal “rischio di liquidità” a marzo; nelle prossime settimane, saranno trainati dal “rischio di redditività”. I prezzi di mercato continuano a non scontare una recessione significativa. Questo ci incoraggia a mantenere un approccio difensivo e a ricercare solamente le opportunità più interessanti che beneficerebbero direttamente del sostegno fiscale e monetario (ad esempio, le obbligazioni societarie investment grade statunitensi, sulla scia del programma di acquisto di emissioni corporate da parte della Fed). Infine, stiamo monitorando con attenzione la liquidità sui mercati finanziari, poiché una sua contrazione potrebbe innescare una nuova fase di forti ribassi.

Comportamento Della Strategia

In un contesto in cui la diffusione dell’epidemia di COVID-19 non mostra segnali di rallentamento, le aspettative sia di una recessione che di una potenziale contrazione della liquidità sono aumentate significativamente, inducendoci a mantenere un’esposizione complessivamente limitata ai mercati tramite un cuscinetto di liquidità.

Nowcaster Unigestion

 

Nowcaster Crescita mondiale

Nowcaster Crescita mondiale

Nowcaster Stress dei mercati

Nowcaster Stress dei mercati

Nowcaster Inflazione mondiale

Nowcaster Inflazione mondiale

Variazione settimanale

  • Il nostro Nowcaster sulla crescita mondiale ha registrato nuovamente una flessione la scorsa settimana, che riflette il calo degli indicatori relativi alla maggior parte dei paesi. La flessione più marcata ha riguardato l’Eurozona. Secondo i nostri indicatori, il rischio di una recessione mondiale è attualmente molto alto.
  • Anche il nostro Nowcaster sull’inflazione mondiale sta diminuendo, poiché il rallentamento della crescita si riflette in una minore inflazione.
  • Il nostro Nowcaster sullo stress dei mercati rimane elevato, ma ha subito una marginale flessione la scorsa settimana, sulla scia della contrazione degli spread di credito legata al miglioramento della liquidità nel corso della settimana.

Fonti: Unigestion, Bloomberg, al 6 aprile 2020.

 


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