“Time to Get Ill” – The Beastie Boys, 1986

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“Time to Get Ill” – The Beastie Boys, 1986

Distinguere il rumore dai fondamentali è essenziale per qualsiasi investitore, e nel mondo dell’iperinformazione operare questa distinzione diventa ancora più difficile. Il sentiment, alimentato dalle notizie diffuse dai media e dai tweet in tempo reale, può prevalere sui fondamentali macroeconomici sottostanti. Pur non intendendo sottovalutare l’impatto del COVID-19 sull’economia globale e sulle vite delle persone colpite dall’epidemia, siamo convinti in questa fase che il virus rappresenti un fattore temporaneo, più che un cambiamento fondamentale, se si guarda oltre le prossime settimane. Pertanto, vediamo un mercato dei titoli di Stato spinto al rialzo dai timori legati alla diffusione del virus, che ora deve far fronte ai venti contrari che si delineano all’orizzonte.




Time to Get Ill

The Beastie Boys, 1986





Quali sono le prospettive?

I timori legati al virus si sono attenuati ma non sono svaniti

Seguire la diffusione del virus COVID-19 basandosi solamente sulle notizie riportate dai media può essere fuorviante per gli investitori, considerando che i resoconti drammatici attirano più lettori e più ricavi.  Per monitorare l’epidemia di coronavirus, preferiamo usare i dati del Center for Systems Science and Engineering della Johns Hopkins University, prestando una particolare attenzione al tasso di crescita giornaliero dei casi confermati. Sebbene i dati possano essere soggetti a revisioni, questo tasso evidenzia un chiaro rallentamento della diffusione del virus in Cina: negli ultimi sette giorni i casi confermati sono cresciuti meno del 2%. Il significativo incremento dei casi confermati registrato il 13 febbraio (+34% rispetto al giorno precedente) si è verificato poco più di due settimane dopo il precedente picco giornaliero dei casi confermati (il 27 gennaio, +63% rispetto al giorno precedente), in linea con il periodo di incubazione del virus. Non saremmo sorpresi di vedere un nuovo aumento significativo fra circa una settimana, e monitoreremo con attenzione se si sia ridotto rispetto al dato del 13 febbraio.

Al di fuori della Cina, l’aumento del numero di casi confermati sta facendo riemergere un sentiment di avversione al rischio. Tuttavia, è importante ricordare che questi numeri restano bassi per ora, e che, rispetto al momento della sua comparsa in Cina, oggi conosciamo meglio questo virus; inoltre, i paesi con le situazioni più preoccupanti (Giappone, Corea del Sud e Singapore) dispongono di sistemi sanitari ben sviluppati. Tuttavia, stiamo seguendo con estrema attenzione la diffusione del virus al di fuori della Cina, specialmente in paesi densamente popolati con sistemi sanitari meno avanzati.

Come abbiamo scritto la settimana scorsa, nell’attuale fase è difficile valutare l’impatto del COVID-19 sulla crescita economica. L’assenza di titoli allarmanti sulle interruzioni della catena di fornitura, unita alla parziale riapertura delle fabbriche cinesi, rappresenta senza dubbio un fattore positivo, ma la flessione degli indici PMI statunitensi venerdì scorso appare preoccupante. Per il momento il nostro Nowcaster proprietario sulla crescita non mostra un impatto sostanziale sulla crescita cinese o globale, ma gli effetti del COVID-19 diventeranno evidenti se l’epidemia dovesse persistere, frenando significativamente la crescita. D’altro canto, la PBOC ha mantenuto, e manterrà, una politica monetaria accomodante per compensare la contrazione della domanda dalla Cina. Nel complesso, la politica monetaria globale resta orientata verso un accomodamento, e ciò contribuirà a sostenere la crescita nel caso in cui il virus persista e si trasformi in un rischio di recessione.

Gli investitori azionari e obbligazionari hanno punti di vista discordanti

Gli investitori azionari ed obbligazionari sembrano valutare l’impatto del COVID-19 in modo molto diverso: nonostante l’aumento della volatilità realizzata, i mercati azionari (specialmente nei paesi sviluppati) hanno raggiunto nuovi massimi nelle ultime due settimane. L’indice VIX ha superato quota 17 alla fine della scorsa settimana, ma rimane nettamente inferiore ai livelli toccati ad agosto 2019 nel pieno della guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina (24,6) o alla fine di dicembre 2018, quando i mercati erano dominati dai timori di recessione (36). I tassi di crescita impliciti degli utili azionari rimangono decisamente positivi, anche per l’indice MSCI Emerging Markets (il 5% circa per l’anno prossimo). Il punto di vista degli investitori azionari sembra chiaro: il COVID-19 rappresenta un rischio ma non dovrebbe compromettere il contesto favorevole per gli utili societari e per i prezzi azionari.

Nel periodo considerato, i rendimenti obbligazionari sono diminuiti: il rendimento decennale statunitense è sceso all’1,47%, e quello trentennale ha raggiunto un minimo storico all’1,91%. Questa flessione riflette l’andamento dei rendimenti reali: il rendimento a 10 anni è diminuito di 40 bps rispetto ai livelli precedenti la notizia dello scoppio dell’epidemia, di cui 25 bps riconducibili ai rendimenti reali che sono oggi negativi. Il rendimento a 5 anni è diminuito di 34 bps, a fronte di un calo del corrispondente rendimento reale a 5 anni di 28 bps, al -0,3%.  Il tratto a breve termine della curva dei tassi di interesse statunitense sconta attualmente due tagli dei tassi nel corso del 2020. Sebbene la curva dei rendimenti rimanga a circa 12 bps dall’inversione (sulla base dei rendimenti a 10 anni rispetto a quelli a 2 anni), gli investitori obbligazionari stanno inviando un chiaro segnale che il virus avrà un impatto significativo e non transitorio sulla crescita.


Obbligazioni esposte a un’inversione del “premio per la paura”

A nostro avviso, i titoli obbligazionari sembrano più a rischio di quelli obbligazionari, a questo punto. L’epidemia di coronavirus ha distolto l’attenzione dai dati relativamente positivi sulla crescita diffusi nelle ultime settimane. La valutazione dell’impatto economico del virus si è inoltre focalizzata principalmente sullo shock della domanda, e in misura minore sulle potenziali pressioni inflazionistiche legate ai bassi livelli delle scorte e alla ridotta capacità produttiva (sebbene il ribasso dei prezzi del petrolio sia un importante fattore di compensazione dell’inflazione). E sebbene il ribilanciamento del portafoglio dopo il rally azionario del 2019 abbia sostenuto i flussi di investimento

verso i mercati obbligazionari quest’anno, i rendimenti si sono contratti sulla scia delle notizie sull’epidemia di COVID-19. Quindi, riteniamo che il rally obbligazionario sia trainato soprattutto dalla paura, più che da un cambiamento dei fondamentali sottostanti, e che sia quindi esposto a una possibile inversione se questi timori si dissiperanno.

Comportamento Della Strategia

Le nostre previsioni a medio termine sono attualmente positive ma prudenti: adottiamo un approccio selettivo all’esposizione agli asset di crescita, con una preferenza per le azioni sviluppate e del settore energetico rispetto ad altri risk premia orientati alla crescita. Continuiamo ad usare strategie basate sulle valute per proteggerci da un deterioramento delle condizioni di mercato.

Nowcaster Unigestion

 

Nowcaster Crescita mondiale

Nowcaster Crescita mondiale

Nowcaster Stress dei mercati

Nowcaster Stress dei mercati

Nowcaster Inflazione mondiale

Nowcaster Inflazione mondiale

Variazione settimanale

  • Il nostro Nowcaster sulla crescita mondiale è aumentato la scorsa settimana, grazie a un generale miglioramento nei paesi sviluppati.
  • Il nostro Nowcaster sull’inflazione mondiale è rimasto stabile, continuando ad indicare un rischio di inflazione neutrale.
  • Il nostro Nowcaster sullo stress dei mercati ha registrato un modesto incremento. Tuttavia, la liquidità mostra chiari segnali di miglioramento.

Fonti: Unigestion, Bloomberg, al 24 febbraio 2020.

 


Informazioni importanti

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